Il mistero del miele pazzo
Nel cuore delle pendici himalayane, un miele scuro e tendente al rosso attira viaggiatori, scienziati e curiosi: è il cosiddetto “miele pazzo”, prodotto dalle api giganti Apis dorsata laboriosa, le più grandi del mondo. Negli ultimi mesi, il suo consumo è tornato d’attualità per la crescente domanda globale e per nuovi casi clinici registrati in Nepal e, sporadicamente, in festival occidentali.
Queste api nidificano tra i 2 500 e i 3 500 metri d’altitudine, costruendo favi a strapiombo su pareti di roccia. Il nettare che raccolgono proviene soprattutto da specie di rododendro ad alta quota: i fiori contengono grayanotossine, molecole che, trasportate nel miele, ne conferiscono proprietà psicoattive e cardiotossiche.
Le grayanotossine impediscono la corretta chiusura dei canali del sodio nelle membrane cellulari, alterando la trasmissione nervosa: bastano 5-10 g per provocare vertigini, bradicardia, nausea e, in dosi superiori, vere e proprie allucinazioni. Studi clinici pubblicati nel 2025 confermano quadri di ipotensione grave, seppur reversibile con adeguata terapia.
La raccolta rimane un rito pericoloso e identitario delle comunità Gurung del Nepal. I cacciatori di miele, sospesi su scale di bambù a decine di metri dal suolo, affrontano punture e cadute per pochi chili di prodotto che, una volta essiccato, può superare i 100 € ogni 100 g sui mercati online europei, con punte di 300 € per le riserve “limited”.
Best Mad Honey
Il fascino esotico ha però un risvolto medico: un case-series del 2024 ha documentato un’intossicazione collettiva durante un evento musicale negli USA; episodi simili sono stati riportati in cliniche alpine dove escursionisti tornavano da viaggi “esperienziali”.
Anche in Italia il “miele pazzo” circola su piattaforme e-commerce. A luglio 2025 riviste di settore ne hanno descritto storia e rischi, mentre associazioni apistiche invitano a distinguere il prodotto da mieli contraffatti dopo i sequestri record di lotti irregolari nel 2024-25.
Oltre al pericolo acuto, la ricerca esplora possibili impieghi terapeutici: alcune indagini precliniche indicano effetti analgesici e antinfiammatori delle grayanotossine a micro-dosi, aprendo dibattiti su un loro eventuale utilizzo farmacologico controllato.
Le autorità sanitarie raccomandano prudenza: senza un’etichettatura chiara sull’origine floristica, il contenuto di tossine non è prevedibile. Finché mancheranno standard internazionali, il “miele pazzo” resterà un prodotto che oscilla fra tradizione, mercato di nicchia e rischio tossicologico: un dolce per pochi, da maneggiare con estrema consapevolezza.

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