
'Familia', quanta tossicità c'è nel patriarcato

Un'opera seconda scura, piena di grinta e verità
(di Francesco Gallo) 'Familia', opera seconda di Francesco Costabile presentata l'anno scorso al Lido, a detta di molti critici avrebbe meritato il concorso ufficiale e non la pur prestigiosa sezione Orizzonti dell'81/a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. La scelta a concorrere per l'Italia alla selezione agli Oscar come miglior film internazionale - indicata dal Comitato Anica composto da Micaela Fusco, Alessandra Magliaro, Gabriele Muccino, Olivia Musini, Simona Paggi, Federico Pontiggia, Micaela Ramazzotti, Stefano Sardo e Vito Sinopoli - è un po' la consacrazione del valore di questo film pieno di grinta, ritmo ed emozioni che ha poi dalla sua la forza della verità. È infatti tratto dall'autobiografia 'Non sarà sempre così' (Piemme) di Luigi Celeste, che nel 2008 uccise il padre e fu condannato a nove anni di reclusione per omicidio. Ecco la storia di questo film "contro la tossicità del patriarcato" come lo ha sempre definito Costabile: Luigi Celeste (Francesco Ghighi) ha vent'anni e vive con sua madre Licia (Barbara Ronchi) e suo fratello Alessandro (Marco Cicalese). I tre sono uniti e abbastanza felici, anche perché sono quasi dieci anni che nessuno di loro vede Franco (Francesco Di Leva), il capo famiglia, che per le sue ripetute violenze ha reso la loro vita un inferno tanto da finire in prigione. Luigi, nel frattempo, forse alla ricerca di un senso di appartenenza e di identità, entra in un gruppo di estrema destra dove sfoga la sua rabbia. Quando però Luigi finisce in carcere, Franco decide di tornare alla sua famiglia e quest'ultima ci vuole credere ancora una volta, ma un uomo così violento può davvero cambiare? Assolutamente no, al contrario di Alessandro e Luigi che non sono più bambini. Ci sono loro adesso a vegliare su mamma Licia e questo fino all'inevitabile tragedia. Una curiosità sul titolo, 'Familia', e sull'uso del termine latino non a caso utilizzato da Costabile e che implica il contratto di schiavitù che il padre di famiglia instaura con i propri servi, compresa la moglie. "In questa parola latina - ha più volte sottolineato il regista - c'è tutto il marciume che si può nascondere dietro quest'istituzione sia in periferia che nei quartieri bene".
I.Do--SG